Gli Infermieri militari sono in prima linea nell’emergenza COVID-19. Quando tutto sarà passato, servirà una seria azione per il riconoscimento di una professione fondamentale per garantire la salute dei cittadini.

In questo momento di crisi dovuto al Sars-CoV-2 (il Covid-19) che interessa tutto il territorio nazionale ed in primo luogo alcune regioni del nord del Paese occorre mettere in campo tutte le forze che la nazione ha a disposizione. È di ieri la notizia del rischio di chiusura dell’ex ospedale militare Baggio di Milano, poi smentita dal governatore della Lombardia Fontana,  individuato come uno dei centri di ricovero per paziente positivi dimessi e tenuti ancora in osservazione considerata anche la particolarità della patologia infettiva non ancora ben definita per progressione e rischio di recidive. Le Forze Armate sono scese in campo con strutture, infermieri, medici, tecnici sanitari di radiologia medica e personale di supporto rispondendo alla quarta missione che prevede il loro impiego in caso di calamità e di crisi che possano interessare la nazione. È questo il momento di mettere a disposizione tutte le potenzialità che la Sanità militare può esprimere, forte della esperienza accumulata in tanti anni di dispiegamento in modo anche improvviso nei teatri esteri e in Italia in occasione di terremoti e calamità naturali. Tutto il personale medico ed infermieristico militare deve essere coinvolto per dare il proprio contributo, sin da subito, a fianco dei colleghi che si stanno battendo per sconfiggere questo tremendo nemico. Adesso è il momento di impegnarsi in particolar modo per gli infermieri militari, mettendo da parte il fatto che siano da anni relegati in una posizione di inquadramento nettamente inferiore ai colleghi civili (area II operatori contro area III funzionari sanitari); tanto che, in un passaggio dal mondo militare a quello civile, come capitato a 15 infermieri militari nell’ultimo periodo, verrebbero inquadrati nel medesimo livello dell’OSS.

In questo momento di lotta all’infezione con i noti provvedimenti emanati con i DPCM, le FF. AA. hanno disposto l’interruzione di molteplici attività preservando un minimo di forze sanitarie tenute in servizio per assicurare la mission della difesa dei confini nazionali ed atlantici. In tutti i restanti ambiti di impiego non essenziali, per la maggior parte del personale infermieristico e medico è stato disposto la messa a disposizione presso il proprio domicilio, cioè deve rimanere a casa e tenersi prontamente reperibile per eventuali necessità. Questo personale dovrebbe essere impiegato sin da subito in quanto la necessità c’è già, è quella di combattere il nemico invisibile che sta flagellando l’Italia. Tutte le attività selettive, formative, addestrative ed operative delle FF. AA., ad eccezione di quelle indispensabili, sono state interrotte e chissà quando verranno riprese. Il personale sanitario che è stato liberato dalle attività istituzionali di elezione deve essere impiegato nella lotta all’infezione nelle zone dove ci sono le maggiori criticità. La preoccupazione dei vertici di non avere personale disponibile quando verranno riprese le attività non sussiste in quanto si ricomincerà quando tutta l’Italia si sarà ripresa e, anche se qualche infermiere o qualche medico non sarà disponibile per problemi inerenti l’infezione, una organizzazione collaudata come quella della Difesa ha tutte le capacità per trovare le migliori soluzioni per riprendere le attività necessarie al suo funzionamento.

Il personale sanitario militare che viene individuato per partecipare alle operazione di soccorso nelle regioni colpite deve essere avvisato con congruo anticipo anche per permettere una sua adeguata formazione. Non è ancora troppo tardi per pianificare l’impiego del personale sanitario come hanno fatto le regioni meno colpite e che si stanno preparando all’onda del contagio, anche perché la battaglia è ancora lunga e le forze sul campo sono stanche e hanno bisogno di essere sostituite. Il personale deve essere avvisato e coinvolto per una sua preparazione; occorre formarlo su quello che andrà ad affrontare e come si dovrà muovere per operare in sicurezza. Considerata la peculiarità dell’assistenza nell’affrontare un agente così virulento e patogenico, occorre incentrare l’addestramento su come evitare il rischio di contagio e sulla necessità di poter essere impiegati nelle terapie intensive e sub intensive. Occorre sin da subito, anche attraverso una parte formativa effettuata a distanza, addestrare il personale su come utilizzare i presidi di protezione individuale, dalla semplice mascherina chirurgica alle tecniche di vestizione e svestizione con DPI di massima protezione (lavaggio mani, mascherina, guanti, camice, visiera, occhiali, ecc.). Una volta arrivati in prima linea, se non formati precedentemente, non ci saranno i presupposti di tempo e di lucidità mentale per apprendere ed applicare al meglio le procedure necessarie per operare in sicurezza.

Al Policlinico militare Celio, unico tra gli ospedali militari ad avere una rianimazione e personale infermieristico con elevate competenze specialistiche di area critica acquisite in anni di impiego anche all’estero, occorre formare sin da subito infermieri e medici al fine di metterli nelle condizioni di poter contribuire alla cura di pazienti che necessitano di assistenza intensiva, intubati e collegati a respiratori automatici. Tale obiettivo si può perseguire anche utilizzando i protocolli di intesa di training on the job in essere con la sanità civile, attraverso la frequenza dei corsi che le regioni stanno predisponendo per il personale nei loro piani di lotta all’infezione e un training nei reparti di rianimazione. Non sarà come impiegare sanitari che hanno già esperienza nelle terapie intensive, però in questo modo, in questo momento di emergenza, i professionisti neoformati potranno affiancare i colleghi esperti e perfezionare le competenze; si avranno più teams disponibili sul campo anche per garantire le necessarie rotazioni negli ospedali da campo (ROLE 2) in allestimento.

Non partecipare al pieno delle proprie forze e delle potenzialità disponibili; chiudere l’ospedale Baggio o un Role 2 affidati alla Sanità militare oppure non essere in grado di assicurare la continuità assistenziale nell’anello della catena assegnato sarebbe una rischio per i pazienti e una grave sconfitta per tutti i cittadini, non solo per quelli con le stellette. Il personale sanitario militare deve essere informato adeguatamente per prevenire il rischio di contagio e deve essere formato adeguatamente per assolvere all’incarico assistenziale che andrà a ricoprire ben diverso dall’attività svolta nelle caserme e negli ospedali militari.

Il personale sanitario tutto ed in particolare gli infermieri militari si prodigano, in questo impegnativo momento, a portare il proprio contributo alle istituzioni ed ai concittadini che hanno bisogno di aiuto nonostante da anni subiscano il perdurare di forti disuguaglianze rispetto i colleghi civili da cui derivano forti discriminazioni rispetto un doveroso riconoscimento che permetta di lavorare con dignità professionale.

La crisi sanitaria innescata dal COVID-19, una volta superata l’emergenza, deve essere per la politica e le  FF. AA. lo spunto per ritornare con i piedi per terra e iniziare a considerare la necessità  di avviare una seria riforma della Sanità militare che sia sovrapponibile a quella del SSN. Per fare questo occorre una approfondita riflessione su come si vogliono raggiungere gli obiettivi che la Costituzione e le leggi si prefiggono ed impongono; serve un serio confronto per riconoscere finalmente alle professioni sanitarie militari ed in primis a quella infermieristica l’inquadramento nel ruolo direttivo di Ufficiali e realizzare l’auspicata equiordinazione con i colleghi del SSN e dell’Alleanza atlantica, in modo da poterle mettere a disposizione del Paese nei momenti di necessità nel modo più appropriato, efficiente ed efficace possibile. Una cosa è certa, non si può più tergiversare sulla salute dei militari e dei cittadini; gli infermieri ed i medici con le stellette devono essere la massima espressione per competenza e capacità operativa al fine di grantire, in qualsiasi momento, i livelli essenziale di assistenza ai cittadini in Italia e all’estero nelle missioni internazionali.

Occorre fare il massimo sforzo per non lasciare nessuno indietro; occorre farlo per i cittadini italiani che hanno sempre confidato nel fatto che, in caso di bisogno, le FF. AA. in generale e la Sanità militare in particolare sarebbe arrivata in loro soccorso a salvarli.

1° Lgt. Infermiere Antonio Gentile

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