AL POLICLINICO MILITARE CELIO DI ROMA CI SONO I PARAINFERMIERI

Sembra che al Celio ci sia personale “Parainfermiere” in attività per contribuire a fronteggiare la crisi che il Paese sta attraversando.

La bella notizia si può dedurre dal servizio di Sky TG 24 del 21 marzo 2020 il quale parla del contributo dato dal personale del Policnico militare di Roma per l’emergenza COVID – 19. Dal servizio si vedono in attività solo medici che raccontano il loro impegno nel ricevere i pazienti, fare il triage, eseguire il controllo dei parametri vitali e di come si prendono cura dei pazienti sospetti o affetti dall’infezione.

In questi giorni, non c’è programma TV o servizio giornalistico, discussione della gente comune che non parla dei nuovi eroi: i tanti infermieri e medici che stanno lottando con un estenuante “corpo a corpo” in tutti gli anelli dalla catena preposti al contenimento e alla cura della grave infezione provocata dal coronavirus. In un tale tripudio emozionale e di ammirazione per la professione infermieristica è sembrato molto strano che non fossero annoverati anche i Sottufficiali infermieri nel servizio andato in onda al Celio.

Dando per scontato che un comandante di uomini non avrebbe mai e poi mai estromesso i Sottufficiali infermieri che rappresentano la parte preponderante del personale alle sue dipendenze e rappresentano la spina dorsale del sistema; in un momento storico, tra l’altro, in cui essi si stanno prodigando anche in questa emergenza con lo spirito di sacrificio e la professionalità che li ha sempre contraddistinti in Italia e all’estero nelle missioni internazionali; l’unica giustificazione possibile a questa apparente omissione è che probabilmente gli infermieri del Celio fossero assenti al momento della registrazione del servizio giornalistico, magari impegnati tutti nei territori o negli ospedali da campo allestiti nel nord del Paese.

La cosa importante è che il Policlinico militare riesca comunque a funzionare e a garantire la mission per cui è preposto anche senza gli infermieri. Ma come è possibile? Chi assicura le ore e ore di assistenza di base ed avanzata al capezzale dei pazienti negli ambulatori, nei reparti di assistenza subintensiva ed intensiva? L’unica spiegazione possibile è che, in una situazione di tale criticità con la pesante assenza degli infermieri, l’assistenza possa essere garantita dalla figura dei “Parainfermieri”: i laureati in medicina e chirurgia con le stellette che assicurano un’assistenza a tutto tondo, quasi come gli infermieri. Questa figura omnicomprensiva si può occupare oltre che della diagnosi e della prescrizione della terapia, di tutte le competenze che dovrebbe svolgere l’infermiere.

Nel servizio di Sky, un generale di divisione, probabilmente il direttore della struttura, spiega l’impegno profuso dalla Difesa per la lotta globale al virus ed enuncia come lui, o più probabilmente i Parainfermieri alle sue dipendenze, accoglie i paziente, li fa accomodare, li tranquillizza; con dovizia di particolari enuncia come si procede poi alla rilevazione dei parametri vitali e le modalità di informazione sulle attività assistenziali previste per ognuno.

Ma un medico è abilitato a ricoprire il ruolo dell’infermiere? In pratica non lo potrebbe fare in quanto è un lavoro diverso che presuppone conoscenze e capacità che si apprendono con un percorso di laurea triennale in cui le materie e il tirocinio sono indirizzati alla formazione di una figura che si assume la responsabilità dell’assistenza infermieristica. La formazione complementare, l’esperienza e la formazione permanente completano il quadro formativo e fanno dell’infermiere una figura esperta ed infungibile.

Quindi si può giustificare il modello assistenziale utilizzato al Celio senza gli Infermieri solo grazie al “Parainfermiere”: il personale medico adibito all’assistenza infermieristica che esiste solo in questa realtà sanitaria. Probabilmente, per poter essere adibito a tale incarico, poichè nei percorsi di studi l’Ufficiale medico non ha le competenze professionali per poter erogare le cure di cui si occupa l’infermiere, deve aver frequentato corsi avanzati tipo master di primo e anche di secondo livello. Da tali percorsi di studi, che chiaramente non potranno mai essere esaustivi e non abilitano appieno al ruolo di infermiere, infatti gli è preclusa la partecipazione ai concorsi per infermieri, scaturisce la nuova figura del Parainfermiere cioè del quasi infermiere o di colui che sostiene l’infermiere (para = simile, che regge). Una figura professionale a tutto campo in grado di applicare abbastanza bene il processo di nursing: di mettere in pratica le varie fasi, metodi ed operazioni pianificate ed organizzate in modo tale, attraverso la metodologia del problem solving, da poter soddisfare i bisogni assistenziali e risolvere i problemi dei pazienti.

Un modello assistenziale all’avanguardia e unico che forma i medici al processo di nursing e che fa ben sperare nel riconoscimento agli infermieri militari di altri modelli adottati, questi si, dalla sanità nazionale e nei paesi più moderni come: le esperienze acquisite sul campo, il see and treet nei pronti soccorsi, le competenze avanzate nel trattamento delle patologie tempo dipendenti, le competenze specialistiche, e, soprattutto, il riconoscimento del ruolo direttivo di Ufficiale come equiordinazione ai colleghi civili e ai colleghi militari dell’Alleanza atlantica.

In realtà al Celio non ci sono solo i Parainfermieri, come ben specificato dalla giornalista nel servizio del 21 marzo, nei reparti e negli ambulatori vengono impiegati anche i “Paramedici”; non vi è traccia di tecnici di radiologia o di fisioterapisti, solo medici e paramedici. Probabilmente i TSRM saranno impiegati da casa con la formula dello smart working, con le strumentazioni radiologiche e TAC installate direttamente a domicilio e l’attivazione della telemedicina per trasmettere gli esami; mentre i fisioterapisti, sempre con la stessa formula di lavoro intelligente da casa adotteranno un sistema simile “avatar” per poter trattare i propri pazienti.

Ma chi sono i Paramedici di cui fa riferimento la giornalista? Dovrebbe essere personale arrivato direttamente dall’America, dall’Inghilterra o da uno dei paesi anglosassoni dove tale figura esiste, per dare man forte ai nostri Parainfermieri al Celio. Sembra che ne siano arrivati anche a Piacenza e in altre zone dove è stato dispiegato il dispositivo della Sanità militare, come si evince dalle notizie pervenute per bocca di alti ufficiali della Difesa che hanno rilasciato interviste al riguardo.

A chi, tra gli spettatori del servizio Sky potesse essere venuto il dubbio che ai paramedici menzianati dalla intervistatrice si volesse far corrispondere il personale delle professioni sanitarie e l’infermiere in primis, tale dilemma non sussiste in quanto non è possibile confondere l’Infermiere con il Paramedico per il semplice motivo che nella legislazione italiana quest’ultimo NON ESISTE. Sarebbe come confondere un giornalista con un giornalaio, il Capo di Stato Maggiore della Difesa con il suo segretario, vale a dire due figure completamenti diverse per ruolo e per funzione. Inoltre, onde diradare ogni dubbio, i vertici militari che ben conoscono i ruoli del personale che gestiscono, nel dare informazioni alla giornalista sull’organizzazione della struttura e sul personale impiegato, mai e poi mai avrebbero commesso una tale gaffe, un così madornale errore e confuso fischi per fiaschi. Quindi non vi dovrebbe essere dubbio (ma non troppo) che quelli impiegati al Policlinico militare sono  le figure che nei paesi anglosassoni sono formati e si occupano di emergenza extraospedaliera. Il dilemma che permane è: come mai se non si tratta di una maxiemergenza di carattere traumatologica ma bensì infettivologica viene utilizzato personale che poco o niente può sapere di assistenza a pazienti con problemi respiratori anche gravi? Perchè viene utilizzato tale personale che non è formato per muoversi in sicurezza in un ambiente ad alto rischio infettivo e non conosce minimamente i processi di nursing necessari per dare le migliori risposte assistenziali ai bisogni di pazienti perlopiù anziani con importanti patologie correlate e preesistenti? Domande a cui i vertici del Policlinico militare di Roma sapranno sicuramente rispondere.

Comunque, per  fortuna, ci sono sempre i Parainfermieri del Celio a compensare l’assenza degli eroici infermieri i quali, quest’ultimi, in silenzio e con l’inscalfibile etica professionale che li contraddistingue si caricano sulle spalle anche il fardello di una mancata storica considerazione da parte di chi li dovrebbe rappresentare, apprezzare e valorizzare.

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